PICCOLI LUOGHI: IL NUOVO LAVORO DISCOGRAFICO DI GIO BRESSANELLI
Di Sonia Bellin
Prodotto da Giovanni Bresanelli stesso, PICCOLI LUOGHI è l’ultimo album in studio del cantautore cremonese che in un 2020 travagliato da una grave emergenza, decide di dar voce ad un’urgenza sempre attuale, ovvero quella di guardarsi dentro.
Registrato da Mattia Manzoni prevalentemente presso l’EASY NUTS LAB d Cinisello Balsamo e masterizzato da Roby Zanisi sempre presso Easy Nuts Lab, PICCOLI LUOGHI è un compendio di emozioni trasversali che da un punto indistinto dell’anima, catturano la sensibilità di chiunque si immerga in un ascolto profondo e meditato.
Musiche, testi, produzione artistica -coordinata con Mattia Manzoni- sono tutte di Gio Bressanelli, 10 canzoni su cui permangono tracce di un cammino che affonda i passi in luoghi che fanno da sfondo a scenari vividi e presenti nella loro naturalezza, senza pretesa alcuna se non di stupire con la loro più spontanea semplicità.
“Io sono i piccoli luoghi”, quelli davvero speciali, quei luoghi e quei momenti che ti fanno sentire a casa: le COSE semplici, ma proprio per questo essenziali, a cominciare da IO ABITO, la traccia di apertura dell’ultimo capolavoro di Gio. “Piccoli luoghi” è un addentrasi dentro la meraviglia estasiante delle cose, senza calpestarle, ma semplicemente osservandole: “Una casa è una casa, una cosa è una cosa…” una rosa giochi di parole ma soprattutto d suoni, coordinate da armonie placide che sembrano spalmarsi sui fili d’erba di un prato fiorito spargendo delicatezza.
IO SONO COSI’ ( La canzone di Natalina) lascia che una dylaniata armonica digrigni per lui i denti …”senza giri di parole, senza un ombrello aperto sulla schiena…si trova il tempo per provare tutto anche il brivido di un’altalena”, lasciando allo scoperto anche il più lieve dei sospiri, ponendoci innanzi alla realtà del quotidiano e di fianco alla poesia, a cui la musica aderisce ponendo una traccia indelebile ad un cammino deciso.
De andreianamente in METTI UN SACCO IN TASCA , un intenso assolo di chitarra richiamante il miglior rock anni ’80, fa da sfondo alla canzone d’autore a cui Gio deve molto, in particolare per come le sue parole intersecano storie vissute di vita reale, non collane preziose, ma perle da ostentare. La Storia esplode qui in tutta la sua drammaticità “Mi appostavo la notte come la rugiada su un prato e la mitraglia la notte qualche volta ho cantato. Metti un sasso in tasca ti sveglierai dopo un’ora partigiano tuo padre, tua madre una bella signora”. Senso di fragilità ma anche tutto il realismo di cui, chi canta la vita di tutti i giorni, è capace di immortalare in pochi minuti, senza mai trascurare il romanticismo e la passionalità “Ti farò impazzire, ti farò ballare come hai fatto con me regalandomi libero una vita vera, regalandomi un sogno….” . E il sogno è anche quello di riuscire a sfuggire dall’amara realtà inseguendo questi PICCOLI LUOGHI disposti a forma di infinito nella sua anima, a ricordare che sono infiniti anche gli spazi dove un uomo può trovare se stesso, perché è lì che si può aspirare alla libertà.
In IL BLUES DELLA MADONNA tra il Soul e il Jazz, la canzone d’autore gioca qui con un linguaggio eversivo, che tende a sobbalzare i quadri istituzionali della tradizione non solo cantautoriale. Una preghiera personale, dove l’artista indaga se stesso e la propria personalità, scoprendo le carte delle proprie insicurezze “ Ho tanti dubbi tanti dubbi un cuore solo e non so più se il mio cammino è quello vero. Ho tanti dubbi tanti dubbi, un cuore solo, una preghiera una fortuna la Madonna del perdono.”
Nella quinta traccia intitolata UNA BUONA GIORNATA, si distendono i toni e assieme a questi la musica giace in sottofondo, come nella recitazione di una poesia la cui intensità affiora nei giacigli di archi tremolanti come la fiamma di una candela incerta di ardere, ma non di diffondere la sua luce. Una fede accecante nella preghiera e nella forza interiore capace di cantarla… Un senso figurato della bellezza che diventa immagine e si accosta alla personificazione della felicità: “ Belli come il sole, oggi siamo il sole; belli come il mare oggi siamo il mare, belli come il vento che è volato via dentro le canzoni, come le preghiere che teniamo strette dentro le canzoni.”
E il jazz di suoni atavici ritorna a risuonare nell’aria, con i fiati che sembrano rispondere alla sottile ironia dei voli pindarici, tra un’immagine e l’altra che scorre con rapidità e ritmo serrato nei fotogrammi di Gio; in LA RAGAZZA E LA PALLA un assolo di fiati sembra ottemperare al risveglio di un brio inaspettato. Risalta in primo piano la trasparenza del linguaggio di Bressanelli che scava in tutta la sua scabrosità: “ Umiliare l’arroganza di una palla dispettosa è lo scopo intero di una vita umiliandola nell’animo schiacciandola per terra, una volta per tutte e sia finita”. La personificazione è riferita qui all’arroganza che Gio vorrebbe allontanare da sé, proprio come una palla da prendere a calci, tuttavia, viene spiegato quanto quello che cerchiamo in tutti i modi di evitare, spesso rimane affisso in noi, nelle pareti delle nostre incertezze attaccandosi come una sanguisuga. Ecco allora come la figura del contrasto, con una chiara antitesi tesa a rovesciare qualsiasi ipocrisia umana si rivela più che mai efficace : “C’è chi mi abbraccia e mi riceve e chi mi alza verso il cielo, c’è chi mi schiaccia dentro il mondo…buttai là, mettiti là, buttati la e prega il signore…”
Tutto il senso dell’’imminenza è ben espresso in TRE che con semplici parole, cucite in una trama di arditi giochi metaforici, ripiegano su tutti gli istanti, in cui la nostra prospettiva si amplifica, tendendosi un poco più in là dei nostri occhi scrutanti un paesaggio non offuscato dall’incertezza ma propenso all’entusiasmo e alla felicità. “ Al tre staccherò le mani e ti prometterò la vita, allargherò queste mie braccia, cercando l’aria con le dita.” Anche il verbo promettere, con la sua estensione al tempo che sarà, diventa quasi un ossimoro nel suo scostarsi in un tempo che sarà e che non è. Le rima rimbalzano qui come i tratti di luce che esplodono tra i versi di una musica che si insinua nelle nostre ossa, senza porsi domande ma solo con la voglia di sintonizzarsi con il mondo.
SE SAREMO CAPACI è un folk mai tramontato le cui note iniziali ci catapultano indietro nel tempo, quando il rock appannava i suoni più rocciosi, per sfoggiare la poesia insita nel suo raccontare le sensazioni che intersecano i ricordi.
La traccia 9 nel titolo- “Dolcemadolce”- presagisce già, che cosa ci sveleranno quei 4 minuti che inseguono immagini viste solo nei libri di Storia: la metafora degli eroi per descrivere la quotidianità, per mezzo sempre di parole ripescate da ambiti tra loro diversi e poi, meravigliosamente raccordate dalla poesia di Bressanelli. Anche qui, tra archi e voce soffusa, poggiata su foglie sparse come appunti scritti di getto, ritroviamo De Andrè e con lui, la voce dei poeti che raccontano quanto la vita sia troppo imprevedibile e aggrovigliata ai sogni, per poterla spiegare.
Un valzer chiude questo disco che senza soluzione di continuità, fa intravedere, tra i vetri di una finestra che sporge su un orizzonte infinito i sogni, i rimpianti, il dolore ma anche la volontà di lottare, di non smettere di appropriarsi della propria identità, delle proprie emozioni…di un amore che , a passi di danza, ci riporta a casa, dentro di noi, nel nostro piccolo mondo interiore a risvegliare un’anima che non si estingue nel rilasciare i ricordi e le sensazioni che essi ci apportano, ma che proprio in essi si rivela, attraverso immagini sedimentate in note vocali.
Sonia Bellin
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